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Pirateria del giorno d’oggi

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Come bisogna considerare la pirateria oggi? Qual è l’entità del danno che provoca all’industria discografica?

Sebbene sia palese il problema di fondo sull’opportunità di fruire gratuitamente di un prodotto che in realtà andrebbe acquisito pagando, è necessario considerare aspetti diversi legati all’uso che si fa dello “scaricato”.

In Cultura Libera, Lawrence Lessig divide i downloader di musica in p2p (se ancora non sai cosa vuol dire aggiornati qui) in quattro diverse categorie:

A – l’utente scarica l’ultimo album o singolo uscito e non lo compra fisicamente, la sostituzione è totale e non è detto che lo comprerebbe se non ci fosse la rete. Il danno teorico per l’industria è elevato

B – il download avviene come provvisorio, si potrebbe dire quasi una “copia di valutazione” per poi procedere all’acquisto; considerando anche che in realtà in questa fascia risiede chi consiglia musica ad un amico. Danno decisamente contenuto

C – sebbene permanga nella sfera dell’illegalità, l’utente ritrova in rete vecchi brani che probabilmente non sono più in commercio o sono difficili da ottenere; in questo caso la musica acquisisce quasi un valore maggiore ed il danno è limitato in quanto questo tipo di transazione è similare a quella del mercatino dell’usato

D – i contenuti scaricati sono completamente gratuiti e liberi da qualsiasi forma di copyright, il danno all’industria è zero poichè non è in ballo nessun tipo di commercio.

Lessig ci dice inoltre che nella copia digitale manca il requisito della fisicità; questo aspetto apparentemente marginale è invece molto importante visto e considerato che spesso l’industria della musica paragona il download in peer to peer al furto, anche se di fatto non è così, in quanto portar via una copia da un negozio toglie una vendita, scaricare in digitale crea solo una copia del file. Ovviamente non giustifico il download illegale ma mi sembra importante distinguere due diverse azioni senza legarle con affermazioni forti, utili solo a spaventare le masse (guarda il video in questione).

Chiarita la classificazione degli utenti potrebbe essere interessante analizzare alcuni dati RIAA, presenti sul libro a sostegno della tesi dell’autore, secondo cui (pg 69) le vendite di cd sono pari a 803 milioni di pezzi ed i download illegali ammontano a 2,1 miliardi di pezzi (2,6 volte in più), ma il calo delle vendite si blocchi solamente al 6,7%…

Anche Stan Liebowitz in Will MP3 downloads Annihilate the Record Industry? The Evidence so Far giudica il calo delle vendite come un problema legato forse più al periodo storico ed al momento di stagnazione che al download illegale. L’industria discografica infatti aveva gridato alla crisi anche nel periodo di introduzione delle audiocassette, individuando questo strumento come una minaccia verso il mercato. Nella realtà dei fatti non è stato così perchè poco dopo (anni ’80) la nascita di MTV ha portato una ventata d’aria fresca al settore.

Ora, viste le premesse, c’è da capire in quale modo si possa trovare l’equilibrio giusto tra l’inevitabile esigenza di acquisizione di files dell’utente medio ed il riconoscimento del giusto compenso agli artisti.

La tendenza è quella di offrire i contenuti multimediali gratuitamente in unione ad abbonamenti a serivizi di vario genere, più comunemente abbonamenti telefonici o sottoscrizioni mensili. Le ultime indiscrezioni di sviluppo dei sistemi cloud-based potrebbero aprire scenari ancora diversi, sviluppati in opposizione al download illegale potrebbero efficacemente fornire un valore aggiunto all’utente.

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